cosa succede al vino durante il trasporto in container

Cosa succede al vino durante il trasporto in container?

Ormai è risaputo che l’export agroalimentare traina l’economia italiana da diversi anni, uno tra i settori più rilevanti è quello del vino, che, a dire il vero, è sempre stato il protagonista sul panorama mondiale; le aziende italiane hanno esportato la bellezza di 21,5 milioni di ettolitri di vino nel 2019 (fonte inumeridelvino.it).

Spedire vino all’estero non è sempre privo di imprevisti; il trasporto, soprattutto via mare e in special modo tra un emisfero e l’altro, oppure tra località miti e destinazioni molto calde o molto fredde, può causare danni irreversibili. Spesso può capitare che il danno sia palese sin dalla ricezione della merce con inevitabili contestazioni, altre volte il danno si può presentare all’apertura delle bottiglie con evidenti alterazioni organolettiche che ne pregiudicano il sapore.

Cosa succede esattamente durante il trasporto?

La temperatura esterna al container può variare in base a molti fattori: stagione, clima, alternanza giorno/notte. La temperatura interna del container può variare in base alla posizione sulla nave cargo, ma la temperatura nel container può variare anche al suo interno: in basso vicino al pavimento, in alto vicino al soffitto.

In base a questi fattori è stato dimostrato che la temperatura interna può essere anche di 30 gradi superiore a quella esterna e che, a causa dell’irraggiamento diretto di un container, la temperatura interna nella parte superiore dello stesso, può addirittura raggiungere i 75 gradi.

Nel caso in cui si è scampati ai rischi del trasporto, però, si può incappare in quelli dello stazionamento, altrettanto deleteri.

Che conseguenze ha tutto ciò sul vino?

Sottoporre il vino a temperature elevate porta necessariamente ad una “variazione negativa della qualità complessiva del vino, che non risulta più conforme alle attese dell’acquirente o del consumatore finale”, sottolinea la D.ssa Alessandra Biondi Bartolini Agronoma e Giornalista Freelance nel suo articolo pubblicato su Mille Vigne nel 2013, aggiungendo che “I vini sottoposti a temperature estreme per periodi più o meno prolungati, vanno incontro ad alterazione del loro profilo organolettico, dovute a variazioni delle loro caratteristiche fisiche e chimiche. Il vino e i gas contenuti nello spazio di testa vanno incontro a fenomeni di dilatazione e la confezione (bottiglia, tappo e capsula) è sottoposta a continue sollecitazioni fisiche. I fenomeni osservabili, oltre talvolta alla rottura delle bottiglie, sono la fuoriuscita parziale o totale dei tappi, il sollevamento delle capsule e la colatura del vino lungo le pareti del tappo. Le reazioni di invecchiamento, soprattutto quelle legate all’evoluzione ossidativa, subiscono una rapida accelerazione. L’anidride solforosa presente al momento dell’imbottigliamento viene rapidamente consumata e i vini si trovano privi di protezione anche a fronte di un maggiore ingresso di ossigeno dai tappi, sottoposti con il liquido ad un’alternanza di fasi di espansione e costrizione che determinano un richiamo di gas dall’esterno. La conseguenza più evidente di questo invecchiamento ossidativo accelerato è riscontrabile nella variazione di colore, con un aumento dell’intensità colorante nei vini bianchi e delle tonalità del rosso mattone nei vini rossi. Nelle condizioni peggiori, e qualora i vini non siano stati sottoposti a processi di stabilizzazione adeguati, l’esposizione alle temperature estreme può essere causa di una diminuzione del contenuto in anidride carbonica nei vini frizzanti o spumanti, in una rifermentazione in bottiglia o nella formazione di precipitati proteici o di tartrati nel caso delle basse temperature.

La soluzione a tutto questo?

Una soluzione esiste ed è alla portata di tutti, sia per coloro che esportano interi container che per coloro che spediscono in collettame: fodere termiche per container e coperte termiche per pallet.

Entrambe le soluzioni consentono di mantiene il carico ad una temperatura decisamente ideale rispetto a quella esterna proteggendo i sapori e le strutture chimiche del vino. Grazie all’utilizzo di un datalogger (dispositivo elettronico che tiene traccia, in tempo reale, della temperatura della merce durante il trasporto) è anche possibile verificare, all’arrivo della merce, a che temperatura è stata sottoposta, comprovando un corretto trasporto ed attribuendo eventuali responsabilità per danni ad essa arrecati.

Ringrazio la D.ssa Alessandra Biondi Bartolini per le interessanti informazioni che ha saputo trasmettere a tutti noi con il suo articolo. Vi invito alla lettura dell’articolo originale e di molte altre utili informazioni che potrete trovare sul sito della rivista Millevigne: https://www.millevigne.it

Disseccanti al alta efficienza

Cloruro di calcio e amido: la Formula1 dei sali essiccanti

In commercio esistono molte tipologie di sali essiccanti. Per sale essiccante o sale disidratante o disseccante che dir si voglia, si intende quel materiale le cui capacità igroscopiche consentono di assorbire l’umidità in eccesso all’interno di una confezione o un container.

Quelli più comuni sono la Silica Gel e l’argilla chiamata anche bentonite, questi due materiali sono tra i più economici, ma quando le condizioni ambientali mutano possono rilasciare l’umidità accumulata in un processo inverso non sempre benefico per le merci che dovrebbero preservare.

Vi sono invece alcuni elementi chimici che assorbono l’umidità cambiando stato da solido a liquido: Cloruro di calcio, solfato di calcio e ossido di calcio. Il loro funzionamento ricorda molto i deumidificatori di uso domestico il cui catalizzatore dell’umidità diventa liquido e viene raccolto in un’apposita vaschetta.

La domanda è: quale di questi svolge la sua funzione in maniera più efficiente?

A condizioni analoghe: 100gr di materiale a 25°C con cambi di stato di umidità relativa dal 10% fino al 100%, vi è un solo elemento in grado di assorbire fino al 250% del suo peso: il CLORURO DI CALCIO  E AMIDO. La sua capacità assorbente permette di avere, a fronte di 100gr di scaglie, al 100% di umidità relativa, la bellezza di 250gr di acqua.

Per una maggiore praticità d’uso e un rischio ridotto allo zero di versamenti di acqua, al cloruro di calcio viene aggiunta una certa quantità di amido, in questo modo, una volta tramutato in acqua, l’amido lo assorbe diventando un gel, proprio come i pannolini dei neonati.

Gli ambiti di applicazione dei sali disidratanti sono abbastanza variegati, si usano direttamente nel container o nelle confezioni per macchinari, elettronica, componenti automobilistici; merce di consumo, prodotti agricoli, sementi, cacao, caffè, tessuti e pelli, prodotti in legno, carta e cartone, vetro, plastica e metalli, mobili, indumenti, scarpe ecc ecc. In questo modo è possibile evitare danni alle merci come: muffe, alterazione organolettiche, alterazione degli involucri, delle confezioni, dei colori, ruggine e tutti gli altri danni derivanti da una lunga esposizione dei materiali all’umidità.

Per concludere si può considerare il cloruro di calcio (e amido) la Formula1 dei sali disidratanti.